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1. 

   #1 giorgiodieffe 15 de feb. 2006

   No dudo minimamente que en el lexico hispanico antiguo "succo/suco" sea "surco"...ni que ahora en gallego se diga "suco"
   No lo dudo por qué hablo lenguas romances. En italiano, se dice "solco". En piamontes, "surc".
   
   Lo que creo yo es que la expresion (en textos de la alta edad media)
   "succo Mortuorum" sea ya una remotivacion...una tentativa de comprender una palabra latina tanto modificada (caducus) por el vulgar, que no se comprendia mas....y una tentativa de relatinizarla en algo mas comprensible.
   
   Mirad lo que pasò a las oraciones. En mi pueblo, cuando las viejitas recitan
   
   "Ave Maria,
   grassa plen- a,
   bénédìt.te tümülèribus,
   benedit.te früctü svèntristüs Jèzü",
   
   hablan todavia latin? No
   
   Y en piamontes "grassa" es la "grasa", no la "gracia".
   Parece casi que Maria sea llena de grasa.
   
   Pero, esto es solo el primero paso de una modificacion linguistica. Yo hablo de una modificacion fuerte, hecha por el pueblo directamente, y pues de una "remotivacion" hecha por hombres aparentemente cultos, que "relatinizan" algo que es ya una formula que no puede ser mas entendida correctamente, si no en la substancia (donde se comprende muy bien).
   En casos parecidos, normalmente los nodarios tomaron siempre la palabra mas proxima foneticamente y que tuviera un sentido normal, conocido...
   
   Lo que no me parece es que exista una conexion entre los surcos rituales de la edad del bronce (ni posteriores y germanicos) y la palabra "succo" utilizada en la alta edad media, donde se habla de manera muy clara de una ocupacion de terreno, en virtud de un derecho de presura.
   
   Presura sobre lo abandonado por los muertos...no sobre lo surcado por los muertos.
   
   Yo Prefiero utilizar la ley de Murphy...
   Si uno ve un pueblo ruinado, a que piensa?...a los fundadores que surcan ? o a las murallas caidas?
   ...Come dice un noto comico italiano: "La prima che hai detto!".
   
   ONNEGA...Cuanto a..
   
   " Tornat se per succo de illa uinea..." yo no lo entiendo como haces ti.
   Por qué es claro que es la frase de un agrimensor que deslinda un confin que pasa de un lugar a un otro
   
   "Tornat se", evidentemente lo traduzco con el italiano "gira (indietro)/ritorna"
   ...entonces, el "succo de illa vinea" tiene que ser un lugar preciso de aquella "vinea"...
   probabimente una parte en alto, por qué *tsukk-/*kukk- es una cima o algo que està en alto
   
   Encuentro en Arsac, Toponymie du Velay, Le puy en Velay 1991, p. 59:
   *kukk- *tsukk- "hauteur/colline" d'où proviennent le patois "suc"= sommet isolé, plus ou moins arrondi.
   
   En sardo kukku/kukkureddu es siempre una collina.
   
   En piamontes, por ejemplo, "süc" significa sea "sommet isolé/altura", sea "cepo de una planta":
   el doble sentido se explica con una diferente origin (de una palabra pre-romana, en el primer sentido y de una palabra germanica en el segundo).
   
   Entre "patrimonia" y "caduca" es claro que no hay parentezco...pero, imaginate una situacion en la cual el pueblo empieze llamando "illu caducu"> lo cauco>o cuco a los "bona caduca".
   Estaria hablando de la fase inicial del romance.
   Que ahora no se diga me importaria un pePino...;-)
   
   Sobre la segunda frase que me propones, Onnega
   
   "Et ego Dominico Citiz pecto alia terra pro ssukko que krepantabit (roturó) filio meo"
   
   te digo como la leo yo
   
   "Et ego Dominico Citiz pecto pro ssukko alia terra que krepantabit filio meo"
   
   ...no es el ssukko lo que està roturado! es la tierra.
   Domingo la pide "como caduco", por qué su hijo se muriò.
   
   Dos diferentes acepciones de "suco/succo" en el romance gallego antiguo
   ...no me extrañan.
   
   No es importante lo que es ahora "suco"...se anche si trattasse di un sugo per la pasta o un ragù, che cosa importerebbe? :-)
   Hablo de mucho tiempo atras. No de ahora. No tenemos que hablar del pasado piensando solo al presente, si no eso puede comportar distorsiones profundas.
   
   Lo que està claro, Onnega, gracias a tus aportaciones es que "succo/ssukko/suco" en la lengua
   de la Galicia de la alta edad media no tenia un sentido univoco.

2. 

   #2 giorgiodieffe 16 de feb. 2006

   DINGO :
   
   DE LAVELAYE E., Primitive Property, Translated from the French by G.R.L. Marriott, B.A., LL.B.,With an Introduction by T.E. Cliffe Leslie, LL.B., of Lincoln's Inn, Barrister-at-Law, London, Macmillan and Co. 1878, capitolo VII
   
   Hablando de los lindes de un markland germanico (no entendido exclusivamente en sentido militar) escribiò:
   
   “I limiti della marca erano indicati da pietre o altri termini piantati con grandi cerimonie. Sulla base di uno strano costume, ancora mantenuto in Baviera e nel Palatinato (nella seconda metà del XIX secolo), i bambini vennero sempre usati come testimoni e battuti, affinché restasse in loro un ricordo più profondo della vicenda e dei luoghi.
   Inoltre, una o due volte l’anno, gli abitanti della marca (markgenossen/commarchani da cui anche lo spagnolo comarcanos) si riunirono in assemblea e solennemente visitarono i termini, per verificare se fossero stati rimossi o spostati. Tale visita assunse, alla fine, un carattere religioso: altari furono edificati sulle pietre votive e vi venne celebrata la Messa».
   
   Bambini battuti significa que pegaban a los niños.
   
   
   
   BENEDETTO M. A., Il regime fondiario e di contratti agrari nella vita delle comunità subalPine del periodo intermedio, Giappichelli, Torino 1982, p. 21 pp. 18/19
   
   Tb esta profesora de la Universidad de Turin hablando de tierras comunales dijo:
   
   “Il possesso dei comunisti aveva un carattere meramente precario o comunque coartato da un duplice vincolo: quello dello Stato e quello della famiglia. Le conseguenze di questo stato di cose si avvertono soprattutto nel Nachbarrecht o diritto di vicinanza e nel diritto di famiglia. Secondo il primo, i vicini si recavano una volta all’anno o almeno ogni due anni, a ispezionare solennemente i confini della marca, segnalati con pietre, pilastri o alberi (che venivano infissi o piantati con cerimonie solenni e vi si facevano assistere i ragazzi, dando loro uno scapaccione, perché serbassero memoria dell’avvenimento e ne potessero rendere testimonianza; consuetudine che si tramandò fino quasi alla fine del secolo scorso in Baviera e nel Palatinato),a cavallo ed in forma di processione, accompagnati dal sacerdote, che rizzato l’altare presso gli oggetti terminali, vi leggeva i Vangeli e benediceva le sementi o implorava la pioggia; il più antico documento è dell’anno 819”.
   
   Ciò spiega molti fatti. Certamente, l’uso di portare i bambini a verificare i confini dovette esistere anche da noi, altrimenti non avrebbe potuto conservarsi, come è attestato, in epoca signorile e in quella comunale.
   
   
   In epoca signorile:
   
   Secondo un documento del 1209 (conservatosi in copia quattrocentesca presso un archivio privato ed in corso di edizione da parte di Patrizia MERATI, ma il contenuto del quale è stato largamente anticipato in: Paolo GRILLO, Dal bosco agli arativi: la creazione della grangia di Aimondino in una raccolta di testimonianze degli inizi del Duecento, in L’abbazia di Staffarda, cit., S.S.S.A.A. della Prov. di Cuneo, Cuneo 1999), nella seconda metà del secolo XII, il dominus di Moretta, Sarlo Pazella, avrebbe portato i bambini che vivevano nella sua terra in capite cuiusdam prati, a vederne i confini (testimonianza resa in giudizio da Petrus Canavarius).
   
   
   In epoca comunale:
   
   La pratica dell’indicare ai bambini le proprietà delle terre ed i limiti dei territori era fatto comune per tutto il Medioevo ed anche dopo. Esso era giustificato dalla precarietà della sopravvivenza. I bambini erano coloro i quali avevano l’onere di trasmettere nel futuro le conoscenze venute dal passato. A proposito, si noti, in Piemonte, l’importanza di certe abazie della gioventù o societates stultorum , come quella di Chivasso, nelle operazioni di disboynatura svolte dalle Comunitates. Cfr. POLA FALLETTI-VILLAFALLETTO G. C., Le gaie compagnie dei giovani del vecchio Piemonte, Casale Monferrato 1937, pag. 44: “Per liberarsi dalle liti nella conservazione de Gius Territoriali, ordinarono li Consoli e Credenziari (di Chivasso), circa il 1450, che li pubblici Amministratori dovessero ogni anno portarsi alla visita de termini territoriali, verificarli e farne rogare l’autentico atto dal Segretario delle Riformazioni. S’eseguì l’ordinato per più successivi anni, si portarono addonque alla visita colla Bandiera spiegata, a suon di tromba e tamburro, colla maggiore pubblicità, accompagnati da quaranta o cinquanta fanciulli, con molti de’ rispettivi Padri e cominciavano la visita dal primo termine oltre il Po, ove giunti si rogava l’atto della di lui esistenza, ed acciò quei ragazzi si ricordassero esservi colà un limite territoriale, li rispettivi Padri o Parenti, o li battevano, o li gettavano improvvisamente in qualche cespuglio, e così da un termine all’altro per tutta la linea di circonvallazione del territorio, e sempre col riferito cerimoniale, in odio di quei infelici ragazzi. L’anno poi 1634 affidarono questa visita all’abbate di S. Sebastiano (capo dell’abbazia della gioventù), il quale procedeva altresì colla Bandiera spiegata, associato il popolo e le fu assegnata un’annua recognizione di ff.20”.
   
   
   

3. 

   #3 crougintoudadigo 16 de feb. 2006

   Información eliminada por el Administrador Anónimo

4. 

   #4 giorgiodieffe 16 de feb. 2006

   MATUGENO:
   existe todavia alguien, en la edad contemporanea, que se crea la leyenda del "jus primae noctis"?
   No...
   Lo digo por qué aquì nadie lo cree mas.
   
   Piensa que el "jus primae noctis" està en conexion con la religion arcaica.
   Con los "Dusii" celtici, que eran espiritos en forma de animal, que la religion cristiana individuò como "diablos".
   
   Te pongo algo que escribì yo:
   
   
   I DUSII
   
   
   Sant’Agostino citò l’esistenza di spiriti chiamati “Dusii” dai Galli. Il Padre della Chiesa li credette demoni incubi e sostenne che si divertissero a tormentare le donne. Circa gli Incubi/Dusii, Gregorio Magno (nella glossa a Isaia XIII, 21) li individuò come “stupratori”, affermando che incubare avrebbe voluto dire proprio “stuprare una donna”. Ovviamente, il passaggio dal dusius al diabolus, in ambito cristiano dovette essere precoce. I Dusii erano spiriti conosciuti anche nell’Inghilterra ai tempi dei Celti: qui, dopo la parificazione tra questi spiriti ed i demoni del Cristianesimo, deuce (pr. diùs) diventò sinonimo di devil = “diavolo”, tanto che ciò vale non solo nella lingua medievale, ma anche in quella odierna.
   
   (VEDI NOTA 1)
   
   Non per nulla, il diavolo degli inquisitori tormenterà le donne e le costringerà a rapporti sodomitici. Agostino, nel De Civitate Dei, accomunò, infatti, i Dusii celtici ai Silvani ed ai Fauni latini, che, come sappiamo, vennero sempre raffigurati in modo estremamente simile ai diavoli del Medioevo:
   
   “Si sente dire ripetutamente (…) che i Silvani e i Fauni, comunemente detti incubi, spesso in modo disonesto si sono fatti avanti alle donne, reclamando e ottenendo l’unione sessuale; altri, poi (…)assicurano (…) che taluni demoni chiamati Dusii dai Galli, provocano e portano a compimento abitualmente queste azioni oscene”.
   
   (VEDI NOTA 2)
   
   
   
   Anche Gregorio Magno, Isidoro di Siviglia e Gervasio di Tilbury concordarono su tale fatto.
   
   (VEDI NOTA 3)
   
   
   Se ne occuparono, poi, come di demoni infernali anche gli Autori del Malleus Maleficarum (parte I, domanda III).
   
   L’unica attestazione celtica diretta si ha nel folklore bretone, dove si parla di uno spirito detto Teuz o Tuzik.
   
   (VEDI NOTA 4)
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   I DUSII IN PIEMONTE E LA LORO CONNESSIONE CON LO “JUS PRIMAE NOCTIS”
   
   
   ----IL DUSIUS IN VAL PELLICE----
   
   
   Una considerazione particolare, va riservata, al douzou, animale immaginario del patrimonio magico valdese, esaminato da Jean Jalla.
   
   (NOTA 5)
   
   In realtà, douzou, nei patois della val Pellice significa “gufo reale” (lo stesso uccello è chiamato, in val Germanasca duzou) oppure l’ “allocco” (secondo altri), ma nella specifica leggenda raccolta dall’autore citato, l’animale alato si rivolgerebbe alla ragazza con una aggressione verbale di carattere sessuale e neppure troppo velata.
   
   (NOTA 6)
   
   L’uccello-spirito griderebbe, infatti: “Doumlou!” (variante di “Dounomlou!”, cioè “Dammelo!”). Già Jalla (e sulla scia di costui, Trivellin) lo identificò con quegli spiriti che i Celti chiamarono Dusii, perché citati da Sant’Agostino, che li credette demoni incubi e sostenne che si divertissero a tormentare le donne.
   
   
   ---IL DUSIUS IN VAL VARAITA---
   
   Dei douzou più nulla si sa in valle Po, ma li si conosce, invece, in val Varaita, dove vengono chiamati duzou: il che fa pensare che, nella prima vallata, la perdita della tradizione sia un fatto recente. Specificamente, in val Varaita, il duzou è, ormai, una entità a metà tra un leggendario signorotto locale, reclamante lo jus primae noctis ed un mascoun (UOMO CON POTERI CHE GLI PERMETTONO DI TRASFORMARSI IN ANIMALE), che vuole arrivare a esercitare la stessa prerogativa. A Melle, Duzou è inteso quasi come il cognome di una dinastia feudale e, perciò si dice che, fino all’atterramento del castello, tale dinastia vi avrebbe risieduto. Tempo dopo, uno dei Duzou avrebbe abitato nella cosiddetta Cà dal Magou: il signorotto avrebbe preteso ancora di consumare con una sposina novella, ma costei l’avrebbe ucciso e, da allora, gli eredi del signore avrebbero rinunciato ad esercitare quel diritto.
   
   NOTA 7
   
   L’avvocato Giampiero Boschero di Saluzzo, originario di quella valle, ricercatore e studioso della realtà occitana intralPina, mi ha confermato che la leggenda del Duzou era diffusa anche in quel di Frassino, dove si raccontava una leggenda simile a quella di Melle, ma si localizzava la casa del mascoun in una borgata detta La Coumbëtto. Qui, la casa del Duzou, dopo la morte dell’ultimo personaggio definibile come tale, non sarebbe più stata abitabile. Chi vi si fosse introdotto solo avrebbe sentito rumori e urla da oltretomba, a meno che non vi fosse entrato in compagnia di un’altra persona o di un animale. Il Duzou, a Frassino, sembrava essere un personaggio rivestente una carica pubblica imprecisata e l’ultimo pare che morì durante un’impresa compiuta in soccorso di un altro Duzou dell’alta valle. Fredo Valla, scrittore e sceneggiatore, anch’egli originario della val Varaita, dice di aver sentito chiamare questo personaggio, nell’infanzia, Dugou, ma questa parrebbe una semplice variante dialettale (d’altronde, in francese, il “gufo reale”, si chiama Duc).
   
   ---VALLE STURA---
   
   Anche in valle Stura, a Gaiola, esiste un “Castello del Duzou”.
   
   NOTA 8
   
   
   A Ghigo di Praly, in val Germanasca, invece, lou Duzou è, ormai, solo uno spauracchio per bambini (fonte: ATLANTE LINGUISTICO ITALIANO).
   
   
   CONSIDERAZIONI SU TRADIZIONI LONTANE
   
   Alcune considerazioni ulteriori. In Persia, gli zoroastriani credono nell’esistenza di una forza demoniaca ctonia chiamata Drug: nel libro “Zend Avesta” (III; 33, 35, 40, 160) , questo spirito incarna la “falsità”. I Russi, prima della cristianizzazione, credevano anch’essi nell’esistenza di spiriti ctonii chiamati, al singolare Drug ed al plurale Druz’ya. Oggi, il termine (come Podruga) significa solo più “amico/amici”: ciò ci porta a considerare che per gli Slavi pagani si trattasse di “forze amiche”. Occorre, però, specificare che l’intero popolo russo, avrebbe adorato questi spiriti soltanto durante il “festival religioso” detto “dei Volkhvy” (cioè, “dei Maghi neri”: una grande rivolta anticristiana sarebbe stata animata da costoro, nel secolo XI d..C.), mentre, negli altri periodi dell’anno, le “famiglie bianche” avrebbero sacrificato alle divinità solari e unicamente le “famiglie nere” avrebbero continuato ad intrattenere rapporti con gli spiriti ctonii. Guarda caso, poi, anche nel norvegese antico Draugr è uno spirito dell’oltretomba.
   
   NOTA 9
   
   
   
   
   NOTE
   
   NOTA 1
   Cfr. Lecky, History of Rationalism, London, 4th ed. 1870, 2 voll., i. 26, che trae spunto da: Maury, Histoire de la Magie, Paris 1860. Interessante è vedere come in Inghilterra, nel Medioevo, esistesse uno spiritello “sporcaccione”, che venne chiamato Robin Goodfellow (Robertus Bonuscomes…non dimentichiamo, che anche nell’antichità latina ci si rivolgeva alle divinità con appellativi del tipo bonus/bona: la valenza di fellow è, comunque, di duplice segno; da una parte, comes/amicus, dall’altra fallo maschile). Thomas Percy, in Reliques of Ancient English Poetry (1765). 3rd. edn. (London: J. Dodsley, 1775), citò questa composizione riferita proprio a tale spiritello:
   
   When house or harth doth sluttish lye,
   I Pinch the maidens black and blue;
   The bed-clothes from the bedd pull I,
   And lay them naked all to view.
   'Twixt sleep and wake,
   I do them take,
   And on the key-cold floor them throw.
   If out they cry
   Then forth I fly,
   And loudly laugh out, ho, ho, ho !
   
   Centosettanta anni prima Shakespeare scrisse, in Sogno di una notte di mezza estate (A Midsummer Night's Dream, 1594):
   
   ..that shrude and knavish sprite
   Call'd Robin Goodfellow; are you not he
   That frights the maidens of the villagery;
   Skim milk, and sometimes labour in the quern
   And bootless make the breathless housewife churn;
   And sometime make the drink to bear no barm;
   Mislead night wanderers, laughing at their harm ?
   Those that Hobgoblin call you, and sweet Puck,
   You do their work, and they should have good luck.
   
   Puck (per gli irlandesi, Pooka) era solo un altro modo di definire lo spiritello in questione. Nel XIX secolo, poi, l’autore americano Charles Leland, nel suo volume Etruscan Roman Remains, raccolse nell’Italia centrale la seguente filastrocca, riferita anch’essa ad un folletto del medesimo tipo :
   
   “Si–sono a letto,
   Con tua figlia,
   E’ incinta
   D'un bel bambino:
   Son un spirito folletto
   Che la tua figlia voglio amar,
   E molti figli voglio crear,
   Molti figli jo l'avrò,
   E tua figlia
   Sempre amerò”.
   
   
   
   NOTA 2
   
   Aurelio Agostino, La Città di Dio, tr. It. A cura di L. Alici, Rusconi, Milano 1984, (XV- 23), p. 733.
   
   NOTA 3
   
   Cfr. Laurence Harf-Lancner, Morgana e Melusina. La nascita delle fate nel Medioevo, Einaudi, Torino 1989, pp. 14/15 (ed. or., Paris 1984) e Jean-Claude Schmitt, Medioevo superstizioso, Laterza, Roma-Bari 1992, p. 60 (ed. or., Paris 1988).
   
   NOTA 4
   
   http://www.multimania.com/vampi/d/u/duse.html .
   
   NOTA 5
   
   Jean Jalla, Légendes et traditions populaires des Vallées Vaudoises, Bottega della Carta, Torre Pellice 1926, p. 30.
   
   NOTA 6
   
   A volte, la stessa profferta sessuale è compiuta, in altre tradizioni orali valdesi, dal Javanel o Janavel, che è un rapace notturno differente. In altre leggende valdesi, più castigate, il volatile vorrebbe rapire il bambino che una donna ha nella sua gerla e costei risponderebbe sempre con la frase: “Venetlou pihà!”. Si tratta chiaramente di un mascheramento moraleggiante della leggenda antica. Non bisogna dimenticare, poi, che esiste una famosa filastrocca italiana, usata dai bambini come “conta”, nella quale sono tre civette ad amoreggiare con una ragazza: Ambarabà, Ciccì, Coccò/ Tre civette sul comò/che facevano l’amore/con la figlia del dottore/ il dottore si ammalò/Ambarabà, Ciccì, Coccò. Nel XIX secolo, poi, l’autore americano Charles Leland, nel suo volume Etruscan Roman Remains (www.blackcrescent.com/gEtru_P15.html), raccolse nell’Italia centrale la seguente filastrocca, riferita ad un folletto :
   “Si–sono a letto,
   Con tua figlia,
   E’ incinta
   D'un bel bambino:
   Son un spirito folletto
   Che la tua figlia voglio amar,
   E molti figli voglio crear,
   Molti figli jo l'avrò,
   E tua figlia
   Sempre amerò”.
   
   
   NOTA 7
   
   Tavio Cosio, I Duzou, in “Novel Temp. Quaier dal soulestrelh. Quaderno di cultura e studi occitani alPini”, pp. 16/21.
   
   
   NOTA 8
   
   http://www.ghironda.com/valstura/comuni/gaiol.htm.
   
   
   NOTA 9
   
   http://www.ruspublishing.com.au/demon%20gods.html#69.
   
   
   

5. 

   #5 giorgiodieffe 17 de feb. 2006

   JEROMOR:
   Si, ahora me recuerdo lo de "mereg" y tienes razon
   De mereg viene "margen", margine. :-)
   
   LlA CONCLUSIONES QUE SACAS DEL FRANCES SON MUY SUGESTIVAS
   
   Una forma "desucco" en teoria serìa posible, creo, pero en los documentos encuentramos el "de" siempre separado de "su(c)co".
   
   de "silva" (que està todavia) "ruda"
   de "succo" (que es) "mortuorum"
   de "squalido/escalido/caio"
   
   
   Me explico mejor, asì que comprenda bien mi oPinion tb A.M. CANTO Y LOS OTROS:
   
   SILVA
   
   En mi oPinion la silva es un bosque originario o un bosque con arboles muy grandes y que tiene que ser quemado, antes de puderlo trabajar y de puder habitarlo.
   SI HAY VESTIGIOS DE CONSTRUCCIONES en la "silva" son talmente poco importantes que no se tienen en cuenta, por qué no se pueden mas restaurar (o no saria interesante hacerlo)
   Cuando existan, son vestigios aislados o muros a nivel del terreno.
   Si no fuese asì, la silva no seria mas "RUDA"!
   
   La ruda silva importa una operacion de quema.
   
   Sabeis que los franceses han estudiado el hecho que habia dos maneras de eliminar un bosque para tener tierra que se pudiese trabajar:
   
   - essartage (eyssartage/issartage) = "se talan a los arboles y se queman a los fustos y ramos"
   - écobouage = "se toman los arboles con todas sus raices fuera de la tierra y pues se quema todo": el écobouage en Italia se llama "roncatura/arroncatura" y la tierra de resulta se llamarà "ronco/ronc/runc"
   
   (Hablo de metodos y no de palabras: no pretendo que se diga asì tb en Galicia)
   
   Cfr. SIGAUT, L’agriculture et le feu, Paris 1975, voces « rounc » e « essart ».
   
   
   SQUALIDO/ESCALIDO/CAIO
   
   Es la foresta originaria mas profunda, reino abosluto de los animales. Es el desierto
   Son las "vastae solitudines": en toponimia Vasto, Gasto, Gastina, Gastino, Castino, Gassino, Gast, Gastine, Gand, Gandine, Galt, Walt, Wald, Galdo, Gualdo.
   
   y no quiero decir que wald venga de vastu(m) ...quiero solo explicar lo que es ...
   
   Cfr. LE GOFF, Le desert-foret dans l' Occident medieval.
   Y cfr. siempre WIENER y HIGOUNET
   
   Squalido podria ser tambien un pasto de alta montana en un lugar lejano y que no està habitado. En casos parecidos seria lo que existe "a una quota superiore/oltre il limite delle foreste".
   
   A squalido equivale tb eremo/heremo:
   
   Verse
   M. DARESTE DE LA CHAVANNE, Histoires des classes agricoles en France, Slatkine reprints, Geneve 1976, al cap. III
   Placito del ano 852 d.C.
   : “Manifestum est quod ipsas res (una propiedad disputada) retineo sed non injuste, quia de eremo eas traxi in aprisionem”.
   
   SUCCO (MORTUORUM)
   
   Es algo que fue ya habitado y trabajado "en manera relevante".
   Ciudades con palacios caidos, pero que pueden restaurarse.
   Tierras que pueden ser mas facilmente cultivadas pusiendo "in pristino" lo que existia, por qué estan mas acerca de las ciudades caidas o del agua...o por qué los arboles no son todavia tan grandes.
   
   Por eso digo que mortuorum, en el caso particular, me parece mas referido a "los muertos"...en manera mas fuerte.
   Por qué el terrritorio es la parte donde se encuentra mas vestigios de los hombres que lo habitaron en pasado. El trabajo de los muertos se ve todavia...mas que en otros lugares.
   
   
   UN TRABAJO QUE TIENEN QUE HACER LOS HISTORIADORES GALLEGOS ES VER SI POR LA GALICIA PUEDA VALER LA DISTINCION ENTRE
   
   1) open field communities (LOS QUE HABITAN EN EL SUCCO MORTUORUM???)
   
   2) woodland communities (LOS QUE HABITAN EN LA RUDA SILVA Y EN LO SQUALIDO???)
   
   Leanse las obras del profesor americano William Bradford Smith
   
   
   Y TB VER SI PUEDE APLICARSE LA DISTINCION "INFIELD"/"OUTFIELD"
   
   CFR.
   CHRISTIANSEN S., Infield- Outfield Systems characteristics and development in different climatic environments, in “Geografisk Tidsskrift”, 1973, pp. 1/23. cfr. pure ADAMS I. A., Infield-Outfield System, in Agrarian Landscape Terms: a Glossary for Historical Geography, London 1976, p. 155 ss
   
   ...SI YA LO HICIERON ESTA' MUY BIEN...
   
   Y QUE NO TOMEN MIS PALABRAS COMO PALABRAS DE UN GUIRI, QUE QUIERE HABLAR DE COSAS QUE NO SABE...POR QUE' YO NO QUIERO NADA...A PARTE LA SALUD.
   
   Y no quiero publicar nada...né pestare i piedi a nessuno :-)
   
   
   otra lectura interesante:
   
   VON MAURER G. L., Einleitung zur Geschichte der Mark – Hof – Dorf – und Stadtverfassung, Munchen, 1854

6. 

   #6 Cossue 19 de feb. 2006

   ¿Y Barrau-Dihigo qué oPina de esto? Ojo con los diplomas anteriores al año 900 que los carga el diablo con interpolaciones posteriores. Un saludo a todos (e moita saude).

7. 

   #7 Airdargh 19 de feb. 2006

   De nada Onnega. Nunca mejor dicho lo de nada y es que para nada hablé yo de MORTEROS, mortuero, mortorio, mortuorio, mortuoro, morturos,  sino que lo hice de MORTEIROS.
    Tengo en alta consideración tus comentarios, apuntes y referencias que siempre me parecen bien argumentados sobre una base con fundamento aunque en el caso que nos ocupa me has de permitie esta pequeña apreciación
   y es que como en QUINTANA
   cast. /gall., por ej., el significado de MORTEIRO (galego) no parece coincidir con el de MORTERO (castellano). He consultado mi diccionario de castellano y efectivamente describe un MORTERO como un lugar deshabitado y abandonado,
   lo contrario de un MORTEIRO que si está bien habitado (de hortalizas y legumbres por lo menos). Además de lo que ya extraes del artículo que refieres podemos extraer: "El Diccionario de la RAE no contempla la palabra MORTUERO, en ninguna de sus ediciones";"el texto aducido no indica para nada (ni siquiera consultada la edición original) la equivalencia mortuero=mortuorio";"Pero, desde entonces, se asimila mortuero a mortuorio, palabra esta última que el diccionario de la RAE, desde la edición
   de 1925, define como: 4. Álava. Lugar en el cual hubo una población que ha desaparecido por completo, acepción tomada precisamente de la mencionada obra de Baraibar, donde la relaciona con mortuero.";"Por
   otra parte, la libre disposición patrimonial de los colonos sometidos al poder señorial estaba limitada por la prestación que se llamó nuncio y también mortuarium o MORTURA, luctuosa en Galicia y
   laxatione y lexia en Cataluña."...Bueno no es cuestión de transcribir aquí el artículo entero, el que quiera que lo lea, yo lo he hecho y lo único que saco en claro es que no está clara la definición de MORTUERO ni de que sea variación ni equivalente a MORTUORIO y que está relación, propuesta por el autor del artículo, se debe a las conjeturas e impresiones que el mismo extraecontemplando la posibilidad de una influencia del euskera,donde hay un grupo de palabras que va en el mismo sentido: mortu = soledad,
   destierro, yermo, lugar solitario, baldío; mortukara = inaccesible, inabordable; mortuliar = anacoreta, eremita, solitario, ermitaño; morturu= baldío.  Y nada, a ver como encajamos esto de "lugar yermo, solitario, abndonado, baldío, despoblado, innaccesible..." en una huerta, y es que según el diccionario da Real Academia Galega, MORTEIRO: morteiro2 s.m. Cada unha das porcións en que se retalla unha horta para plantar unha determinada clase de hortalizas. Plantou un morteiro de cebolas. SIN. taco, torna.
   

   ---

   
   Ando estos días yo por la huerta  y lo primero que hago, antes de plantar nada, es apartar las piedras que voy depositando en el margen, la linde, el suco de los morteiros, es por esto por lo que mis morteiros (de lechugas, pimientos, grelos etc.) estan bordeados y delimitados por las piedras y es por esto que me cuestionaba la posibilidad de que los morteiros deban su nombre a las piedras que acaban constituyendo su margen delimitándolo= las piedras dividen mis morteiros. Otra razón que me empuja a pensar que los morteiros deban su nombre  a las piedras que constituyen sus
   márgenes, mejor que a "los muertos" puede también  ser que igual me horroriza la idea el encontrarme un día en mi huerta un pePino, por ej., con cara de difunto  antepasado como éste:
   Un cordial saludo Onnega!
   

8. 

   #8 crougintoudadigo 23 de feb. 2006

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